LA PASQUA BLOCCATA

LA PASQUA BLOCCATA

Pasqua 2025. “Egli non è qui (…) vi precede in Galilea” (Mt. 28,7)

 

Immaginiamo che esista al mondo un matrimonio perfetto: un cuore unito ad un altro cuore. Immaginiamo, ora, di rivolgere ai felici portatori di tanta luce, questa domanda: “Perché vi siete scelti?” – “Perché ci siamo amati”, dovrebbe essere la risposta.

D’accordo. Ma l’amore dipende dalla conoscenza. “Come mai – si potrebbe insistere – siete passati dalla conoscenza all’amore?”. La risposta a questa domanda dovrebbe fare appello a un atto di riflessione, per reperire gli elementi razionali di quel meraviglioso dato esistenziale.

E gli elementi razionali, unitamente a quelli istintivi, affettivi, ambientali, potrebbero essere messi insieme, forse, con estrema facilità; perché avrebbero come supporto il dato di fatto che è l’amore. Il vero miracolo, infatti, è l’atto di amore che tutti quegli elementi contiene, riassume e celebra.

Quando, però, il matrimonio non è unione di cuori, allora, alla domanda: “Perché vi siete scelti?”, si risponde mettendo insieme dei brandelli di razionalità. Si dice, per esempio, “ero molto giovane”; oppure: “non sapevo ciò che facevo”; o anche: “i miei genitori mi hanno costretta”; o, più semplicemente: “Non saprei rispondere”.

Quando non esiste la novità o il prodigio dell’amore, anche gli elementi razionali diventano irreperibili. Immaginiamo, ora, di rivolgere una domanda analoga al cristiano più convinto del mondo, al cristiano che nella sua singolarità attesta di amare Gesù Cristo, di credere in Lui, di essere pronto a dare la vita per Lui.

Chiediamo dunque, a costui: “Perchè credi?”; o, più modernamente, “perché hai scelto Cristo?”. “Perché l’ho amato!”, vi risponderebbe con grande impeto. Dobbiamo credergli, sul piano psicologico, così come abbiamo creduto alle declinazioni di Pietro, mentre Gesù, dopo la Cena Pasquale, stava avviandosi sul monte degli ulivi?

La storia cristiana, infatti, da diciassette secoli, salvo rare eccezioni, non offre più modo di saggiare la consistenza delle affermazioni psicologiche dei molti cristiani che parlano come Pietro. Dobbiamo tuttavia credere alle convinzioni di questo singolo cristiano, anche se nel rapporto Cristo-singolo non è possibile verificare appieno la novità cristiana. 

Il rapporto Cristo-singolo, infatti, è un modello che non fa luce misurabile. Per saggiare la consistenza del modello cristiano, ci vuole almeno un secondo cristiano che dica, a sua volta, di amare ardentemente Gesù Cristo!

Questi singoli cristiani. alla domanda, “Perché avete scelto Cristo?”, risponderebbero: “Perché lo abbiamo amato e perché lo amiamo”.

D’accordo, d’accordo, si potrebbe dir loro; ma l’amore esige una conoscenza. come e avvenuto il passaggio dalla conoscenza all’amore? In una corretta impostazione del problema – e al di là dei mille soggettivismi – il motivo razionale più convincente, che ha contribuito a operare il passaggio fra la conoscenza e la Fede, ha un solo nome: la Risurrezione di Cristo.

Se stiamo alla documentazione storica – un sepolcro che presenta i segni del vecchio e del nuovo Cristo, e le successive manifestazioni che presentano sempre il nuovo Cristo non direttamente percepibile come il vecchio Cristo – non esistono scelte all’infuori del rifiuto “irrazionale” o di una adesione “razionale”.

Il cristiano crede, in verità, non perché ha fatto il paragone con altre salvezze o con altri salvatori, ma perché si é trovato nella impossibilita di fare paragoni. La Risurrezione, infatti, inattesa e non progettabile dall’amore più ardente ha dato e dà significato a tutto l’insegnamento evangelico, facendolo assurgere a verità assoluta.

Se Cristo non fosse risorto vuota sarebbe la Fede e il Suo rapporto con i discepoli sarebbe stato un rapporto di pura “religiosità”, un invito alla bontà personale nei flutti oscuri di questo mondo. Eppure, al di là di queste sommarie esplicitazioni “razionali”, il vero miracolo sarebbe pur sempre quel cristiano più convinto del mondo, in possesso di una Fede vissuta, dal volto gioioso, di sentimenti puri, incrollabile ottimista, capace di ogni dedizione, vittorioso sulle depressioni psichiche, trionfante sulle angosce dell’esistenza.

Una Fede di queste dimensioni sarebbe già motivo di salvezza per l’individuo. Ma quando la Fede non raggiunge questi livelli personali allora, alla domanda: “Perché credi”, o “perché hai scelto Cristo”, si risponde, poco più poco meno, così: “Mi hanno battezzato da piccolo, non sapevo ciò che facevo”, o anche: “siamo in un contesto cristiano”; oppure si dice di credere in Cristo perché gli elementi misteriosi della religiosità ravvivano il cocente desiderio di essere alla festa, se la festa ci sarà!

Attualmente viviamo, forse, su rappresentazioni sorpassate della Risurrezione, immaginando Cristo come un cadavere rianimato che ad ogni primavera fa volare per aria il coperchio del sepolcro. Tutto ciò che Gesù ha rivelato é stato confuso con il meraviglioso e cioè con un mondo in cui si realizza tutto ciò che qui resta irrealizzato.

Per questo motivo la verità della Risurrezione, o, il Cristo risorto, nel quale diciamo di credere ardentemente, non muta i nostri rapporti quaggiù. L’inaudito paradosso della cristianità consiste nel fatto che ogni singolo cristiano ruota attorno, a Cristo senza fare circonferenza con gli altri cristiani, senza cioè fare ecclesia. 

O se la facciamo, la facciamo come accolta di uomini religiosi che pregano Cristo, che fanno dei Sinodi, che sognano delle nuove aggregazioni politiche, che creano comunità di base, passando sempre sulla testa della ecclesia, l’unica vera unità che non conosce rimandi né cuscinetti per scaricare i barili su gli “altri”.

Qualcuno continua a ripetere – non si sa in nome di quale follia – che la Chiesa deve andare ai poveri, consacrando così un eterno dualismo fra sé e i poveri e fra i poveri e i ricchi che dovrebbe dissolversi nel suo seno. Facciamo il giro tondo attorno a Cristo Eucarestia senza riuscire a tenerci per mano nell’uso delle piccole cose di quaggiù.

Quando molti singoli dicono di credere in Cristo e di amarlo (fosse anche il Papa), per verificare se oltre ad essere religiosi sono anche cristiani (e cioè uomini nuovi), dobbiamo aspettare di vederli fare ecclesia in sede sociale e di vederli risolvere, almeno fra loro, quei rapporti socio-economici che l’homo sapiens non è mai riuscito a risolvere da che mondo è mondo, pur militando sotto le bandiere più ambiziose.

Non si tratta di dedurre dalla Fede una politica o una economia, come affermano con supponenza cafona taluni intellettuali perché la deduzione sarebbe sempre fatta dalle nostre categorie mentali! Mentre il problema è di sapere se esiste la Fede soggettivamente dichiarata.

Se c’è non può non avere un esito sociale immediato, un esito tale da rendere inutile tutto il travaglio “politico” e “sindacale”, storicamente inteso come fatica nobile, sudata, necessaria. Purtroppo i molti singoli “onesti” stanno o entrano nella Chiesa perché amano sovranamente la propria salvezza personale (la celebrazione infinita dell’lo!); ma non per conversione o per metanoia. 

Ecco perché la quasi totalità dei cristiani ama Cristo mediante i riti fissati dalla Chiesa (garanzia notarile di salvezza!); ma non si ama fino a risolvere il rapporto capitale-lavoro, che ci rende lupi gli uni agli altri. La Fede in un Cristo ridotto a oggetto comune di culto fa pensare alla fede nell’unico danaro che ci divide irreparabilmente negli interessi.

Se con una immagine si potesse qualificare la cristianità, si potrebbe dire che essa, a guisa di formicaio, corre a destra, a sinistra, al centro, nel Sinedrio, nel Pretorio, sul Calvario, lungo la strada della via crucis, nel sepolcro, guarda, tocca, bacia, fa segni di croce, ma ignora sostanzialmente il proprio prossimo.

I risvegli religiosi somigliano, ahimè, al risveglio della natura. Sono sempre caratterizzati dagli stessi fenomeni – il medioevo aveva rigidamente segnato il ritmo della vita, ora per ora, dal suono della campana, alla via crucis, alle flagellazioni, ai pellegrinaggi, alle lunghe preghiere – senza apportare nulla di nuovo nella ecclesia.

Ma mentre la natura, risvegliandosi, reca i suoi preziosi frutti all’uomo i risvegli religiosi creano qualche soddisfazione personale o collettiva, ma non recano novità alcuna nella storia dell’uomo.

Essi, infatti, seguono la legge della natura, ma non la legge della grazia. Il risveglio cristiano o si caratterizza per le sue novità socio-economiche, nel punto preciso del rapporto capitale-lavoro, o è una droga collettiva; e la sua immagine resta la logica delle termiti: costruisce su sé stesso progredendo in volume ma non in qualità.

Nessuno, tuttavia, sarà tanto ingenuo da pensare che Cristo accetti di restare, sia pure per tre giorni, in un simile sepolcro o in una simile cattedrale.

padre Aldo Bergamaschi

Da “Adesso”, rivista fondata da don Primo Mazzolari, 1° maggio 1962.

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