Cap.1 – 1° gennaio. Giornata mondiale della Pace.

Il bene supremo della pace

Cap. 1 

Padre Aldo Bergamaschi: La pace.

Prefazione: Sotto il segno di un doppio radicalismo, quello di Gesù e quello di Francesco, nella nudità di un Vangelo che interroga senza rispetto i fatti e le parole del mondo, si sviluppano in questo libro le riflessioni di Padre Aldo Bergamaschi…. Come Mazzolari si pone tra “storia e vangelo”, nella misura nella misura in cui vede e denunciale carenze di una Chiesa che, immersa nella storia, ne accetta i meccanismi diventando istituzione accanto alle altre.

recta via non amat augulos(la strada diritta non ama le curve) –

“Non c’è una via per la pace: La pace è la via”. Monaco zen

Dante, De Monarchia, III: Bisogna ora vedere in che cosa consiste il fine ultimo di tutta l’umana società (…) L’attività specifica del genere umano, preso nella sua totalità, consiste nell’attuare sempre tutta la potenza dell’intelletto possibile, in primo luogo nella direzione della speculazione, in secondo luogo, per estensione, nella direzione dell’attività pratica in funzione della speculazione.

E siccome ciò che vale per la parte, vale anche per il tutto, e l’uomo singolo progredisce in saggezza e in sapienza stando calmo e quieto, è chiaro che il genere umano, quando è nella quiete, si trova nelle migliori condizioni per condurre a compimento la sua opera che è quasi divina (…)  

Da ciò risulta che la pace universale è il più alto dei beni destinati alla nostra felicità; per questo dall’alto fu annunciato ai pastori, non ricchezze, non piaceri, non onori, non longevità, non salute, non forza, non bellezza, ma pace.

Ma poiché la Monarchia temporale (o Impero) – sinonimo di genere umano unito – è requisito di pace e di giustizia, non avendo nulla da desiderare oltre l’oceano, in quanto è caduto il concetto di confine, essa risulta necessaria al genere umano. Dante prevede l’unità per via di sottomissione o conquista e quindi non sarebbe raggiunta liberamente, come osserverà Kant.

Più che un ennesimo lamento moralistico, a carico dei limiti della natura umana, è una provocazione rivolta all’homo sapiens – sempre tuttavia nella tentazione di diventare lupo per l’altro – perché metta il piede sulla strada giusta quando inscena le sue contestazioni al mondo reale. Ecco, per es., il bene supremo della pace.

Non può essere chiesto per via retorica, mediante slogan o marce il cui valore è puramente nominalistico; né può essere invocato da Dio mediante preghiere dal sapore miracolistico. Bisogna, invece, contestare, mentalmente anzitutto, ciò che porta inevitabilmente al conflitto armato e cioè lo Stato Nazionale Sovrano. Questo ha fatto parzialmente Dante e compiutamente Kant.

L’assimilazione fra natura e storia operata da Hegel, resta il vero incubo per tutta l’umanità. In natura – per decreto provvidenziale secondo i teisti – i pesci grossi divorano i pesci piccoli; nelle Scritture Dio diventa un capitano di eserciti che, per insediare il suo popolo in un certo luogo, distrugge sette popoli.

La guerra sembra, così, essere la vera “levatrice della storia”. Il corso attuale del mondo avanza su questa onda che sta ingrossandosi minacciosamente. Attenzione a una unione europea incompiuta e scissa dalla mondialità.

Quando non ci sono più pesci piccoli in giro, è inevitabile lo scontro tra i pesci grossi,e allora anche l’oceano potrebbe collassare o tingersi di sangue.

Accanto a questa lettura della civiltà occidentale – candidata al nichilismo o al dominio della tecnica per i pessimisti – c’è anche la lettura del duplice millennio segnato dal Cristianesimo come verbo salvifico e come etica definitiva.

Ebbene, da diciassette secoli circa, assistiamo alla caduta del Cristianesimo al rango di “religione”, mentre originariamente era, ed è, una “novità esistenziale” e cioè un modo nuovo di concepire tutta la realtà.

Tant’è che per affermarsi ha introdotto nella storia il concetto di martirio. Ma dalla sua caduta al rango di religione è derivata una puntigliosa reazione contro la cosiddetta secolarizzazione; per cui, in quanto “religione”, il cristianesimo non riesce più ad essere salvifico, anche se è al braccio di ferro con le altre “religioni” per porsi come guida privilegiata delle coscienze.

Osiamo affermare che tutte le “religioni” – e quindi anche il Cristianesimo nella misura in cui è “religione” – sono un sopruso, perché hanno innestato su di un “bisogno spirituale” dell’uomo, delle realizzazioni contraddittorie di tale bisogno.

Per quanto concerne il sopruso “Cristianesimo-Religione” è sufficiente rileggere l’analisi del primo millennio operata da Gioachino da Fiore e constatare quanto sia stato fallimentare il secondo millennio nonostante il buon inizio connotato dalla rivoluzione di S. Francesco tutta tesa all’attuazione del Vangelo.

Noi crediamo che il Cristianesimo debba ritrovare sé stesso come “catalizzatore” (anima mundi) che provoca o promuove la “reazione” (unità del genere umano) senza parteciparvi come parte e con disegno egemonico. Non è, infatti, il Cristianesimo, o il suo modello, che deve trionfare ma la verità (e cioè la fratellanza) di cui è portatore originario nel Messaggio di Cristo.

Non dimentichiamo che le etiche sono sempre più conflittuali perché sono date da una democrazia incompiuta, dove cioè il 51% la impone al 49% della popolazione, secondo un’altalena senza fine, dove permane il contrasto sui “valori” e non si può mai vedere a occhio nudo il peso reale delle proclamate verità.

Ciò spiega perché siamo per la costituzione di uno Stato Mondiale Federale; non però come gigantografia dello Stato Nazionale, ma con il compito di promuovere la “divisione delle etiche” perché queste attuino, in pace, la loro visione del mondo senza lasciarsi prendere dal furore missionario di imporre il proprio modello agli altri, mediante conquista o pervasione culturale senza reciprocità.

Perché l’animale “religioso” resti nell’area da lui liberamente scelta, il Governo Mondiale potrà servirsi di un corpo di polizia internazionale. Se, poi, in mezzo a queste etiche differenziate consensualmente – ripetiamo – ce ne sarà una capace di presentare il modello di una convivenza “felice”, le altre potranno giudicare sperimentalmente dove sta di casa la cosiddetta verità o capacità di fare miracoli.

Governo Mondiale, dunque, e divisione delle etiche per evitare lo scontro tra le religioni e tra gli etnocentrismi cui spesso ad esse si coniugano. E per risolvere, infine, il problema della pace e della giustizia (fame e salute nell’area sud del mondo).

A coloro, infine, che privilegiano il dialogo diciamo: noi pure lo ipotizziamo, si certo, ma lo crediamo possibile e utile solo se preceduto dall’assunzione di una lingua comune. Anche le lingue sono un sopruso sul diritto di averne una comune allo scopo di intenderci direttamente senza costosi intermediari e per favorire l’omogeneizzazione più alta possibile delle visioni del mondo o comunque per scoprirne le differenze incolmabili e viverle nella cordiale divisione delle etiche.

I Moso della Cina – società senza padre e senza marito – potranno vivere in pace, accanto ai gay e ai poligami o ad altre soluzioni simili, senza rinunciare al “dialogo” appunto di chiarificazione personale.

Con la lingua comune – si badi, scelta non tra quelle conosciute ma inventata e quindi neutrale e di nessuna etnia, come per es. l’Esperanto – sarà altresì possibile il passaggio da un’etica all’altra qualora uno, mediante il dialogo appunto, abbia preso coscienza di avere sbagliato collocazione etica.

Se non si procederà all’insegnamento della lingua comune, in tutte le scuole del mondo, affiancandola alla lingua madre, ogni convivenza multietnica sarà già di per sé fonte di lacerazioni in grado di mettere in continuo pericolo il bene prezioso della pace.

Emmanuel Kant:

La religione entro i limiti della sola ragione (1793). Ediz. Laterza 1985, pag 135, in nota: Pare che una tendenza sia stata data (forse intenzionalmente) al genere umano, per cui ogni singolo Stato quando la fortuna gli sorride, tende a soggiogare tutti gli altri ed a fondare la monarchia universale; ma giunto a una certa grandezza, si smembra da sé stesso in Stati minori.

Così ogni chiesa esistente, nutre la superba pretesa di diventare universale; ma, una volta che si è propagata ed è divenuta dominante; allora ben presto si manifesta un principio di dissoluzione e di divisione in sette diverse.

La fusione degli Stati prematura e perciò dannosa (perché avverrebbe prima che gli uomini fossero diventati moralmente migliori) – se ci è permesso di ammettere in questo punto un’intenzione della Provvidenza – è soprattutto impedita da due potenti cause: la molteplicità delle lingue, e la differenza delle religioni.

Nell’opera: “Per la pace perpetua” (1795), Kant afferma che l’uomo passa dalla barbarie alla società civile e gli Stati dall’indipendenza alla federazione. Solo così la federazione viene a costituire una Lega della pace, ben diversa dai trattati di pace, i quali pongono fine a una guerra, ma non allo stato di guerra.

Aldo Bergamaschi

da “Quale Cristianesimo?” Edizioni Diabasis – Reggio Emilia – 2005.

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