– 2° parte –
Il Sinedrio riunito nel Tempio. – Giuseppe d’Arimatea
All’interno del Sinedrio vi era ancora un grande tumulto per questo nuovo avvenimento. Gli animi non si erano placati. Dall’assemblea si levavano urla, insulti e minacce, contro Pietro, Giovanni e il loro credo. I sacerdoti e gli anziani non si davano pace perché le ultime parole di Pietro li avevano profondamente colpiti e messi davanti al loro peccato.
Alla fine, quando ritornò la calma, raggiunsero un’intesa: stabilirono di indagare su tutti gli avvenimenti accaduti cercando testimonianze sincere fra i loro accoliti. Chiamarono a testimoniare, davanti all’assemblea, un uomo devoto di nome Finees, Adas un rabbino, e anche un certo Aggeo.
Erano in quei giorni a Gerusalemme per la preghiera. Venivano dalla Galilea in pellegrinaggio. L’assemblea li chiamò perché si sapeva che erano stati testimoni di avvenimenti che riguardavano Gesù e i suoi Apostoli, e il Sinedrio voleva esserne messo a parte.
Testimonianza di Finees, Adas e Aggeo.
Risposero così alle domande che venivano a loro fatte: “Gesù e i suoi discepoli erano riuniti sul monte degli Ulivi. Abbiamo sentito che diceva queste parole: Andate nei paesi del mondo ad annunciare la buona novella del Regno ad ogni uomo e ad ogni donna. Chi crederà alle vostre parole e si farà battezzare nel mio nome, si salverà, chi non crederà è già condannato.
Coloro che avranno creduto manifesteranno dei segni e tutti capiranno che sono miei discepoli: cacceranno i demoni; gli infermi guariranno con il tocco delle loro mani; lo Spirito del Padre aleggerà su di loro e li sentirete dire cose nuove sul Regno e sulle sue vie.
Poi vedemmo Gesù salire al cielo mentre stava ancora parlando, e i suoi discepoli raccogliersi in preghiera”.
I sacerdoti dubbiosi.
Increduli per quello che avevano sentito, dall’assemblea del Sinedrio alcuni dissero: “Potete ripetere questa vostra testimonianza davanti all’altare del Tempio di Dio e giurare che tutto quello che avete detto è esattamente quello che avete visto e udito?”.
I tre testimoni confermarono le loro parole dicendo: “Davanti a Dio, Il Signore del nostro popolo e dei nostri padri: Abramo, Isacco e Giacobbe, noi confermiamo che tutto quello che vi abbiamo detto l’abbiamo visto e sentito, come abbiamo visto Gesù mentre veniva assunto in cielo”.
Dall’assemblea si alzò un mormorio di dissenso per queste parole, ma gli anziani, i sacerdoti e i leviti continuarono con le loro domande: “Per quale motivo siete scesi a Gerusalemme?” I tre uomini risposero a loro: “Siamo venuti per offrire la nostra preghiera a Dio”.
Allora uno dei Sadducei, non potendo più trattenersi dal biasimarli, disse: “Se siete venuti al Tempio per la preghiera e per fare un’offerta al Dio dei nostri Padri, a che scopo avete riferito tutte queste scemenze davanti a noi?”.
L’ostilità del Sinedrio.
Finees, Adas, e Aggeo rimasero molto intimoriti dall’ostilità che veniva mostrata nei loro confronti, ma radunarono tutto il loro coraggio e dissero a quelli che li interrogavano: “Voi ci avete chiamati qui per riferirvi sui fatti di cui siamo stati testimoni, ma se le parole che vi abbiamo detto, su fatti di cui siamo testimoni, costituiscono per voi una colpa, ecco, fate di noi quello che più vi aggrada!”
Molte voci si levarono dal Sinedrio. L’assemblea appariva divisa fra tante opinioni. I Sacerdoti, richiamando tutti al silenzio, presero i libri della Legge e fecero giurare i tre uomini per confermare la loro testimonianza.
Poi ordinarono loro di non ripetere con nessuno i discorsi che erano stati fatti all’interno del Tempio. Infine li lasciarono liberi di ritornare in pace alle loro case, non prima di averli fatti accompagnare dai servi nella mensa perché venissero rifocillati.
Consegnarono a loro anche una borsa di denaro e con la scorta di tre guardie ritornarono in Galilea.
Non si placavano i tumulti all’interno del Sinedrio. L’assemblea era ancora riunita a porte chiuse. Da alcuni di loro si levavano grandi lamenti, e una disperata domanda: “È se fosse avvenuto davvero questo prodigioso evento, di cui si va parlando, in Israele?”.
I Sacerdoti del Tempio si interrogano.
Anna e Caifa presero la parola e dissero: “Perché vi turbate? Per che cosa vi disperate? I discepoli di quell’uomo hanno organizzato un inganno che voi non riuscite a capire.
Essi hanno dato alle guardie del sepolcro molto denaro. Poi li hanno istruiti su quello che dovevano dire, cioè che un Angelo del Signore disceso dal cielo ha divelto la pietra davanti all’ingresso del sepolcro! Poi i suoi discepoli hanno portato via il suo corpo”.
Dagli anziani e da alcuni sacerdoti venne un dissenso a questo discorso: “Tu dici che hanno trafugato un cadavere, ma allora come si spiega che sia stato visto vivo in Galilea?”
A questo discorso nessuno riuscì a dare una risposta, e nessuno insistette oltre per non incorrere nelle ire di Caifa. Il Sommo Sacerdote godeva di molto rispetto ed aveva una grande autorità che intimoriva molti.
Nicodemo parla all’assemblea.
Quando tutte le cose da dire sembravano finite, dai banchi si alzò Nicodemo e chiese che gli fosse concesso di parlare: “Fratelli, uomini d’Israele, ho sentito delle belle parole.
Ma ci stiamo dimenticando, o popolo del Signore, che quegli uomini che abbiamo chiamato davanti a noi a testimoniare, e che sono venuti dalla Galilea, sono anch’essi nostri fratelli e osservanti della Legge.
Li conosciamo e sappiamo che disprezzano il furto e la rapina. Che non sono avidi di ricchezze e che sono uomini di pace.
Ebbene, quello che hanno testimoniato lo hanno fatto sotto giuramento, non possiamo chieder loro più di così. Meritano tutto il nostro rispetto. Solo una cosa non abbiamo chiesto a loro: In che modo Gesù è stato assunto in cielo?
Ecco quello che ci è rimasto da chiedere e avremmo dovuto farlo. Perché, come tutti noi possiamo leggere nei libri delle Sacre Scritture, è scritto che anche il profeta Elia salì in cielo, ed Eliseo, il suo discepolo, gettò un grido, allora Elia gli lanciò il suo mantello.
Eliseo lo distese sulle acque del Giordano, vi camminò sopra ed andò nella città di Gerico. Gli venne chiesto dai figli del profeta dove fosse Elia. Egli disse loro che era salito in cielo.
Essi chiesero ancora ad Eliseo: Non sarà stato rapito da qualche spirito maligno e portato sulla cima di un monte? Orsù, raduniamoci con altri e andiamo a cercarlo!
Riuscirono anche a farsi seguire da Eliseo nella spedizione. Dopo una ricerca durata diversi giorni, non avendolo trovato da nessuna parte, si convinsero che era stato davvero assunto in cielo.
Ed ora anche noi facciamo altrettanto: Mandiamo i nostri uomini in tutte le città e su tutti i monti d’Israele alla ricerca di Gesù”.
Tutti i sacerdoti e il popolo alla ricerca di Gesù risorto.
Questa proposta venne accettata da tutto il Sinedrio. L’assemblea quindi decise di inviare uomini a cercare Gesù in ogni dove. Ma non lo trovarono in nessun luogo!
Trovarono invece, nel villaggio di Arimatea, Giuseppe. Non ebbero il coraggio di arrestarlo. E questo fu quello che raccontarono agli anziani, ai Sacerdoti e ai Leviti: “Siamo andati su ogni monte, in ogni villaggio e in ogni città ma Gesù non l’abbiamo trovato. Abbiamo invece trovato Giuseppe, nel villaggio di Arimatea”.
Sentendo parlare di Giuseppe, molti del Sinedrio si rallegrarono e levarono lodi a Dio. Infatti Giuseppe era un membro del Sinedrio stimato e rispettato da tanti. Ma era successo che una notte era scomparso misteriosamente.
Giuseppe d’Arimatea fugge dalla prigione.
Nei giorni successivi alla crocifissione di Gesù, nel Sinedrio, vi erano alcuni fortemente arrabbiati con lui perché ne aveva richiesto il corpo e poi lo aveva collocato in un sepolcro di sua proprietà.
Chiamato dai sacerdoti davanti a loro per giustificarsi, venne, con minacce e insulti, arrestato e messo in una prigione senza finestre, con la porta chiusa e sprangata dall’esterno, e la chiave custodita da Caifa in persona.
Attorno all’edificio dei soldati, fedeli al Sommo Sacerdote, montavano la guardia per impedire che qualcuno venisse a liberarlo.
Quando il giorno dopo andarono a prenderlo per condurlo davanti al Sinedrio, anche se avevano già deciso di metterlo a morte, non lo trovarono. Era sparito dalla prigione!
La porta era chiusa a chiave e ancora sprangata. I soldati, tutti, erano al loro posto ma di Giuseppe non vi era traccia.
Questo mistero turbò l’animo di molti in Israele e nessuno riusciva spiegare come era potuto avvenire quel fatto.
Il suo ritrovamento generò soggezione nel cuore di molti, questi pensavano che fosse protetto dal Signore.
Il Sinedrio invia una lettera a Giuseppe
L’assemblea del Sinedrio tenne consiglio sul modo migliore per poter parlare con lui. Erano cauti perché temevano la sua ira e nello stesso tempo temevano anche l’ira di Dio.
Decisero che il modo migliore fosse quello di scrivergli. Chiamarono uno scriba. Questi prese un rotolo di papiro, poi su ordine dei Sacerdoti, degli Anziani, dei Leviti, lo scriba scrisse a Giuseppe questa lettera: “La pace del Signore scenda su di te fratello.
Riconosciamo il nostro peccato contro Dio e contro di te. Un grande dolore ci ha colto quando abbiamo aperto la porta della stanza dove eri stato messo e tu non eri più all’interno. Tutti assieme allora abbiamo pregato il Signore che tu potessi andare dai tuoi padri e dai tuoi figli.
Abbiamo compreso che il braccio del Signore si è levato per proteggerti dal nostro disegno malvagio, e ha reso vani i nostri progetti perversi contro di te, amato padre Giuseppe”.
Incaricarono per l’ambasciata sette uomini scelti fra tutti gli amici di Giuseppe e che da lui erano ricambiati, quindi i capi li istruirono con queste parole: “Osservate bene: Se sarete ricevuti come si conviene fra amici e leggerà la lettera, è il segno che ascolterà la nostra richiesta e verrà con voi in Israele.
Se invece non vorrà leggerla nemmeno con la vostra supplica, è il segno che è adirato con noi. Allora fate così: Salutatelo in amicizia, invocate che la pace del Signore scenda sulla sua casa, e ritornate da noi”.
Gli ambasciatori del Sinedrio a casa di Giuseppe.
Gli ambasciatori andarono da Giuseppe dopo aver ricevuto la benedizione dai Sacerdoti. Arrivati, lo salutarono come si conviene: “La pace del Signore sia con te”. Giuseppe ricambiò il saluto: “La pace accompagni voi e il popolo del Signore”, e li fece entrare in casa.
Gli venne consegnata la lettera del Sinedrio. Giuseppe lesse con attenzione quanto vi era scritto poi la baciò, levò una lode a Dio: “Benedetto il Signore che con il suo intervento ha impedito al suo popolo il delitto di un innocente, e benedetto l’Angelo mandato dal Signore che mi ha custodito sotto le sue ali!”.
Poi, diede ordine di imbandire la tavola come si conviene quando vi sono invitati di riguardo e ospitò i suoi amici per la notte. Il mattino dopo, di buon ora, dopo la preghiera, Giuseppe trasse la sua asina dalla stalla e, assieme agli ambasciatori del Sinedrio, si mise in cammino per andare a Gerusalemme.
Giuseppe entra in Gerusalemme.
Nella città intanto si era sparsa la voce del suo ritorno e una numerosa folla gli si fece incontro festosa gridando parole di gioia: “Pace Giuseppe. Che la pace del Signore sia sempre con te!”.
Egli commosso dall’affetto che il popolo gli manifestava ricambiò il saluto: “Che la pace sia con voi!”. Tutto il popolo era festante ed erano in molti quelli felici di vederlo di nuovo fra di loro. Gli mandavano baci e invocazioni. Poi tutti assieme si radunarono in preghiera.
Giuseppe rimase ospite nella casa di Nicodemo. Per festeggiare l’avvenimento venne allestito un grande banchetto con molti invitati. Fra questi Anna e Caifa, gli anziani del popolo, i Sacerdoti e i Leviti.
La pace era scesa sulla festa e tutti gli invitati erano felici. Mangiavano e bevevano scambiandosi segni di amicizia. Assieme levavano inni al Signore ed alla fine gli ospiti se ne ritornarono alle loro case in pace.
Anna e Caifa a colloquio con Giuseppe.
Giuseppe rimase nella casa di Nicodemo anche per la notte. Il giorno dopo era il giorno della preparazione alla festa. Una delegazione del Sinedrio, guidata da Anna e Caifa, bussò di buon mattino alla porta di Nicodemo che li accolse con il saluto: “Shalòm. Pace a voi. Gioia e salute alla vostra casa!”.
Essi risposero: “Pace anche a te Nicodemo e pace a Giuseppe, alla tua casa e alla casa di Giuseppe!”. Nicodemo li accolse nella sua casa, e quando il consiglio del Sinedrio si trovò seduto, Giuseppe stava in mezzo fra Anna e Caifa.
Ma nessuno di loro aveva il coraggio di rivolgergli la parola. Fu Giuseppe allora a parlare e disse: “Su che cosa volete interrogarmi? Anna e Caifa fecero cenno a Nicodemo di parlare in vece loro a Giuseppe ed egli disse: “Tu sai che il consiglio vorrebbe sapere una cosa da te”.
“Domandate pure e io vi risponderò”. Rispose Giuseppe. Allora i Sommi sacerdoti fecero giurare Giuseppe sul Libro della Legge: “Dichiara la gloria del Dio d’Israele e confessati davanti a lui. Così come fece Achar, quando il profeta Giosuè gli chiese di giurare, lui disse il vero, e riferì ogni cosa secondo verità.
Questo lo chiediamo anche a te supplicandoti di metterci a parte di ogni cosa e di non nasconderci nulla”. Giuseppe fece questa solenne promessa. “Non vi nasconderò nessuna cosa e ogni mia parola sarà per la gloria di Dio” .
Dichiarazione di Giuseppe
Allora gli venne detto: “Un grande turbamento è sceso su di noi quando hai richiesto a Pilato il corpo di Gesù e dopo averlo avvolto in un lenzuolo nuovo l’hai messo nel tuo sepolcro. Ci siamo sentiti traditi da te e ne fummo grandemente dispiaciuti.
Decidemmo per questo di farti arrestare e rinchiudere in una stanza senza nessuna finestra, mettendo catene e sigilli alle porte, e dei soldati a vigilare che nessuno violasse il luogo dove ti avevamo rinchiuso.
Ma poi, quando mandammo a prenderti, il giorno dopo il sabato, per portarti davanti a noi, trovammo la stanza vuota e di te non c’era traccia alcuna. Tutti ne fummo sconvolti e questo turbamento si è diffuso anche fra il popolo del Signore fino a ieri, quando sei ritornato fra di noi. Ecco, noi ora ti chiediamo di spiegarci che cosa è successo”.
Giuseppe allora disse a loro: “Dal momento che mi avete rinchiuso, cioè dal giorno della preparazione, io sono rimasto là anche tutto il sabato. Ma durante la notte, mentre ero ancora intento a pregare, la pareti della stanza parvero alzarsi da terra e una luce abbagliante mi avvolse chiudendomi gli occhi.
Gesù fa evadere Giuseppe dalla prigione.
Mi gettai allora in ginocchio tremante di paura. Qualcuno prese la mia mano e mi fece rialzare da terra. Sentii che il mio corpo veniva bagnato da acqua che mi scorreva dalla testa ai piedi, poi venni come cosparso di profumo di mirra.
Dopo avermi lavato la faccia, mi baciò e mi disse: Giuseppe, non aver paura e guarda chi è che ti sta parlando. Io aprii gli occhi e guardai chi mi chiamava. Questi era Gesù!
Io credetti di vedere un fantasma e allora ripresi a tremare e dalla paura recitai i comandamenti. Gesù allora li recitò con me. Come tutti noi sappiamo, un fantasma se si trova in presenza di qualcuno che recita i comandamenti se ne fugge e ritorna da dove è venuto.
Così quando vidi che non scompariva io gli dissi: Rabbi Elia! Ma egli mi rispose: Non sono Elia. Io allora gli chiesi: Chi sei dunque? Io sono Gesù, colui di cui tu hai chiesto il corpo al governatore e che hai deposto nel tuo sepolcro”.
I sommi sacerdoti sconvolti dalle dichiarazioni di Giuseppe.
Quando Giuseppe ebbe terminato la sua testimonianza il consiglio del Sinedrio, ma soprattutto Anna e Caifa, apparivano sconvolti da quello che avevano sentito.
Levavano lamenti e preghiere al cielo. Stettero anche a digiuno per tutto il giorno e nessuno riusciva a consolarli. E così se ne ritornarono alle loro case per prepararsi per il giorno di festa: Il Sabato, la festa del Signore.
Il consiglio degli anziani, dei Sacerdoti, dei rabbini, dei Leviti, si radunò nel Tempio e tutti si interrogavano sulla testimonianza portata da Giuseppe e molti erano sconfortati.
Nei loro lamenti dicevano: “Cosa sono questi fatti che sono accaduti fra di noi? Dobbiamo temere dunque che l’ira del Signore si abbatta su di noi? Ma noi conosciamo di lui suo padre e sua madre, loro sono del nostro popolo e noi siamo il popolo di Dio!”.
Il rabbino Levi prende la parola.
Si levò in piedi il rabbino Levi, uno dei maestri della Legge e chiese la parola: “Fratelli, dei suoi genitori sappiamo che sono osservanti della legge, che adempiono i voti e pagano le decime che sono dovute tre volte l’anno. Alla nascita di Gesù, vennero con lui al Tempio, ed offrirono a Dio i sacrifici e gli olocausti che la tradizione richiede.
Il grande maestro Simeone, quando vide il bambino, lo prese fra le sue braccia e levando gli occhi al cielo disse: Ora il tempo del tuo servo è compiuto, o Signore. Lascia che me ne vada in pace, secondo la tua parola. Oggi i miei occhi hanno visto la tua salvezza, la luce che hai inviato per tutti i popoli. Luce che illumina i cuori di tutte le genti e gloria per Israele e per il suo popolo”.
Poi Simeone ridiede il bambino a Maria, sua madre, li benedisse dicendole queste parole: “Ho da svelarti delle profezie che riguardano questo bambino”.
Disse Maria a Simeone: “Sono buone le cose che mi vuoi dire, mio signore?.
Simeone le disse: “Sì, sono buone Maria. Ecco, egli è preposto come segno di contraddizione, per la caduta di molti in Israele, o per la loro risurrezione, fino al giorno che una spada trapasserà la sua anima, e in quei tempi i pensieri di molti cuori verranno rivelati”.
Un mistero divino circonda Gesù.
Il consiglio del Sinedrio era ammutolito sentendo questa testimonianza che confermava ulteriormente il mistero divino che circondava Gesù. Gli increduli, i più scettici, coloro che non ammettevano i fatti nemmeno davanti all’evidenza chiesero al rabbino Levi: “Maestro, e tu come sai di queste cose?”.
Levi, amareggiato perché aveva capito che non era stato creduto, rispose a loro: “Non ricordate che fu proprio Simeone il mio maestro, e che è stato lui ad insegnarmi la Legge?”.
Ma quelli del sinedrio che avevano parlato dissero ancora: “Vogliamo che la tua testimonianza sia confermata da tuo padre”.
Quando il padre di Levi arrivò nel Sinedrio gli chiesero conferma di quello che aveva detto il figlio. Allora lui rispose a loro: “Sono sorpreso che non abbiate creduto a mio figlio. Egli è un Rabbino e siede nel Sinedrio come voi, inoltre è un maestro della Legge. Tutto gli è stato insegnato da Simeone in persona, profeta in Israele e giusto davanti a Dio”.
Dal sinedrio qualcuno chiese a Levi: “Rabbi Levi, confermi il discorso che ci hai fatto?”. Rispose a loro Levi: “Si, quello che ho detto è vero”. Ma in pochi erano convinti da quello che avevano sentito.
L’incredulità dei Sacerdoti.
Alcuni dell’assemblea dissero fra di loro: “Dobbiamo investigare ancora su come quel Gesù sia stato assunto in cielo. Dunque, mandiamo di nuovo a chiamare dalla Galilea gli uomini che abbiamo sentito. Essi sono stati testimoni del suo insegnamento e della sua assunzione in cielo. Che vengano a raccontarci come si sono svolti i fatti!”.
Questa proposta pacificò gli animi nel Sinedrio. Mandarono gli stessi uomini che erano già andati in precedenza. Arrivati nel villaggio, in Galilea, li trovarono all’interno della Sinagoga intenti a studiare la Legge. Dopo il saluto dissero loro: “Vi manda a chiamare il Sinedrio”.
Sentito che dovevano recarsi ancora davanti al Sinedrio, ebbero timore. Pregarono Dio, poi diedero ospitalità ai tre inviati. Il giorno dopo si misero in viaggio per Gerusalemme.
Arrivati in città entrarono nel Tempio ed andarono davanti all’assemblea del Sinedrio. Vennero interrogati con queste parole: “Vogliamo avere da voi la conferma che davvero avete visto e ascoltato quello che ci avete raccontato. Inoltre dovete dirci come Gesù è stato assunto in cielo”.
Finees, Adas, e Aggeo risposero loro dicendo queste parole: “Quello che noi abbiamo visto ve lo abbiamo riferito come è apparso ai nostri occhi”. Intervenne il Sommo Sacerdote che disse: “Separiamoli l’uno dall’altro, poi interroghiamoli di nuovo per vedere se le loro testimonianze concorderanno ancora”.
L’interrogatorio di Adas, Fines e Aggeo.
Venne chiamato per primo Adas, il rabbino e gli chiesero: “Rabbi, racconta a noi come Gesù è stato assunto in cielo?”. Adas disse a loro: “Vedemmo Gesù seduto sul monte mentre insegnava ai suoi discepoli, poi una nube scese dal cielo e li ricoprì tutti. Quando la nube si sollevò in cielo lui non c’era più. I suoi discepoli si prostrarono con la faccia a terra e ringraziavano Dio”.
Poi venne chiamato il sacerdote Finees, infine Aggeo il Levita. Essi raccontarono l’assunzione di Gesù nello stesso modo. Allora uno degli anziani si alzò e disse: “Nella Legge Mosè dispone che la testimonianza di due o tre persone conferma ogni fatto”.
Nel dibattito molti rabbini, sacerdoti, anziani presero la parola. C’era chi parlava di Enoch che si dice fosse stato preso da Dio.
Si parlava della misteriosa morte di Mosè e di come nessuno era a conoscenza di dove fosse la sua tomba. Si interrogavano sul significato delle parole pronunciate da Simeone.
Dai banchi dei rabbini si levò una voce che disse al popolo del Signore: “Se si parlerà ancora di lui fino al prossimo giubileo, egli regnerà su tutti i popoli della terra in eterno”.
Poi l’assemblea del Sinedrio si sciolse. Cantarono tutti assieme gli inni ed ognuno se ne ritornò a casa sua tessendo le lodi a Dio, perché Sua è la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
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