Da: I Vangeli dell’Infanzia (Sintesi e Adattamento)
Gesù parla agli Apostoli.
“Fratelli miei, figli di Dio, ascoltate con attenzione. Il Padre che è nei cieli vi ha scelto fra gli uomini di tutti i popoli del mondo. Più volte vi ho rivelato che verrò consegnato ai Giudei per essere crocefisso, che la mia morte è necessaria per la salvezza di molti e che poi resusciterò.
Vi ho anche annunciato che voi andrete per le strade del mondo a annunciare il Vangelo e che quando ritornerò al Padre invierò su di voi lo Spirito Santo, e la sua potenza vi guiderà nella predicazione in tutte le nazioni, e ai popoli che incontrerete direte quello che io dissi a voi:
Amatevi gli uni e gli altri, perdonate i peccati, fate penitenza!
E’ più importante essere limpidi come un bicchiere d’acqua pura nella vita che verrà, piuttosto che avere ora tutte le ricchezze in questo mondo.
E’ molto importante il terreno che contiene l’impronta di un solo piede nella casa del Padre, di tutti i terreni e le case di questo mondo.
Il tempo in cui i giusti gioiscono e più importante, anche se breve, che un’intera vita, anche se lunga, per i peccatori, se questi quando piangeranno e soffriranno non avranno chi asciughi loro le lacrime, o li consoli dagli affanni.
Ebbene, quando sarete presso di loro, dite così: Con una giusta misura la bilancia della giustizia regolerà il vostro conto.
Il Padre osserverà tutto quello che avete detto e fatto, e anche le parole inutili saranno esaminate e rese manifeste.
Così come non ci si può sottrarre alla morte, cosi nessuno può sottrarsi all’esame dei suoi pensieri e delle sue opere.
Non servirà all’uomo forte la sua forza per salvarsi; e nemmeno all’uomo ricco serviranno le sue ricchezze, ancorché abbondanti, per potersi salvare.
E dite a tutte le genti che io siedo alla destra del Padre e giudicherò le tribù del mondo con giustizia e misericordia.
Ma che nessuno si vanti davanti al Signore di questo o di quello perché chi si innalza sarà abbassato: Ci si vanti piuttosto del Padre.
Inizio della storia di Giuseppe.
Ora è tempo che vi racconti la vita di mio padre Giuseppe, della città di Betlemme, della tribù di Giuda, e della discendenza di re Davide.
Egli era un uomo preparato nelle dottrine e ne osservava con saggezza gli insegnamenti. Esercitava l’arte del falegname e viveva con il lavoro delle sue mani come prescrive la legge di Mosè.
Giuseppe, alla giusta età, andò sposo ad una donna e da lei ebbe figli e figlie. Poi rimase vedovo. Sua moglie morì, come succede a uomini e donne, quando il figlio minore, Giacomo, era ancora molto piccolo.
Era un uomo giusto Giuseppe. Esercitava il mestiere di falegname e da quello traeva il sostentamento per la sua famiglia. Andava ovunque fosse necessario, anche in paesi lontani.
I sacerdoti decidono il destino di Maria.
Due dei suoi figli, dato che erano già in età, lo aiutavano nel lavoro, e lo seguivano nei cantieri. Nei giorni della vedovanza di mio padre, Maria, mia madre, era ancora nel Tempio a compiere i suoi servizi in castità e purezza.
In quel tempo aveva già gli anni per essere promessa in sposa secondo le tradizioni. I sacerdoti tennero consiglio tra di loro e alla fine dissero: “Cerchiamo un uomo degno fra tutti gli uomini della casa di Israele, affideremo Maria a lui finché venga il tempo del matrimonio come sua promessa sposa.
Che non accada che arrivi il tempo della sua impurità mentre si trova ancora ospite del Tempio, e che non ci capiti di macchiarci di un così grave peccato”.
Subito essi chiamarono a raccolta le dodici tribù d’Israele e dalla tribù di Giuda, secondo tradizione, fu scelto Giuseppe. I sacerdoti gli affidarono mia madre. Lei andò con lui nella sua casa per rimanervi fino al giorno del loro matrimonio.
Giuseppe in obbedienza a quanto era stato decretato accolse mia madre nella sua casa. Ella si preoccupò di allevare Giacomo perché era ancora molto piccolo e orfano della mamma.
Giuseppe continuava nel suo mestiere di falegname e a quel tempo i cantieri di lavoro erano in paesi lontani. Passarono così due anni, finché giunse il tempo della sua gravidanza. Giuseppe, in quei giorni, era di ritorno da uno dei suoi tanti viaggi di lavoro.
Vedendo che mia madre era incinta fu preso da paura. Sconvolto di incorrere nell’ira dei sacerdoti del Tempio pensò di rimandarla nottetempo affinché nessuno vedesse. Ma il mio Padre celeste aveva altri disegni per lui.
Gabriele, il censimento di Cesare Augusto, l’esilio.
Di notte, gli mandò in sogno l’Arcangelo Gabriele per dirgli queste parole: “Giuseppe, figlio di Davide, non aver paura di prendere in sposa Maria, perché quello che è nel suo ventre è il frutto della volontà divina.
E quando verrà alla luce gli metterai nome Gesù. Egli sarà il pastore di tutti i popoli della terra e li guiderà con uno scettro di ferro”.
Giuseppe, destatosi dal sonno, seguì le indicazioni dell’angelo, e tenne presso di se Maria, mia madre. In quei giorni, Cesare Augusto, l’Imperatore di Roma, ordinò che si facesse un censimento di tutto il popolo, e che ciascuno si registrasse nella sua città di nascita. Giuseppe si mise in cammino, e condusse con lui Maria, mia madre, nella città di Betlemme.
Al censimento fece registrare mia madre come sua moglie ed io Gesù, suo figlio, della stirpe di Davide e della tribù di Giuda. Io nacqui a Betlemme in una stalla scavata nella roccia, nei pressi del sepolcro di Rachele, moglie del patriarca Giacobbe, madre di Giuseppe e di Beniamino.
Ma, sempre in quei giorni, Satana instillò rabbia ed invidia nel cuore di Erode. Egli mi fece cercare dai soldati per uccidermi pensando che io fossi Re di un Regno di questo mondo. Giuseppe venne avvisato da mio Padre in sogno e noi partimmo per l’Egitto immediatamente assieme a Salomè la levatrice.
Ritorno a Nazareth.
Rimanemmo in quelle terre finché non giunse anche a noi la notizia della morte di Erode. Dopo la sua morte ci mettemmo in viaggio e andammo a Nazareth, città della Galilea.
Qui ci stabilimmo. Mio padre Giuseppe aprì la sua bottega dove continuava a fare il mestiere del falegname e con il lavoro delle sue mani procurava a tutta la sua famiglia un decoroso sostentamento.
Osservava le leggi e come Mosè indicava, egli non mangiò mai il pane frutto del lavoro di altri. Così passarono gli anni. Giunsero i giorni della sua vecchiaia. Benché fosse molto avanti con gli anni il suo corpo era ancora vigoroso.
Gli occhi non si erano indeboliti nella vista, e aveva ancora tutti i denti sani in bocca. Non smarrì mai il senno, agiva con la saggezza di un uomo ancora giovane, sebbene fosse arrivato al traguardo di una venerabile età.
I suoi due figli, Giusto e Simeone, arrivarono a sposarsi e con le loro mogli si costruirono una casa tutta loro. Così anche le due figlie, Lidia e Lisa, si maritarono, ed andarono ad abitare nella casa dei rispettivi mariti così come è naturale che avvenga.
Alla fine, rimase solo Giacomo, il più piccolo, in casa con mio padre e mia madre Maria. Quando Giuseppe si ammalò, un Angelo lo avvertì che la morte era alla sua porta così come è stabilito che avvenga per tutti gli uomini. Una grande emozione lo prese e la sua anima era in tumulto.
Discorso di Giuseppe.
Andò allora di buon mattino a Gerusalemme, entrò nel Tempio del Signore, e giunto presso l’altare pregò il Padre che è nei cieli così: “Signore, Padre misericordioso di tutti gli uomini e Signore delle anime, Dio del mio corpo e del mio spirito, a Te rivolgo la mia supplica.
Come ben sai, il tempo dei miei giorni su questa terra è giunto al termine. Per questo, Signore del cielo e della terra, ti chiedo di mandarmi Michele, uno dei tuoi Angeli prediletti, perché assista la mia anima nella sua uscita dal corpo, nel giorno da te scelto, senza dolore e tormento.
Quando il giorno del trapasso arriva gli uomini e le donne di questo mondo vengono presi da grande paura e da un dolore che li attanaglia per tutto ciò che lasciano, e questo succede anche agli animali, sia che siano domestici o sia che siano selvatici.
Questo grande dolore è per tutte le tue creature di questa terra. Il distacco dell’anima dal corpo è l’ultimo alito di vita su questo mondo, per questo Ti chiedo che Michele mi assista fino al mio ultimo respiro, così che la mia anima lasci il corpo, e questi si possano separare in pace e armonia.
E fa che l’Angelo che hai destinato come custode della mia anima non se ne abbia, ma che invece rivolga verso di me un viso pacifico e sereno, e che anche lui mi accompagni presso di Te.
Durante questo ultimo viaggio fa che coloro che non sono degni di Te, e che non potranno mai arrivare alla Tua presenza, non mi tormentino, o che ci sia chi sequestra la mia anima con falsi sorrisi, e ingannevoli parole.
Non lasciare che io sia portato davanti ad un falso tribunale presieduto da falsi giudici, dove testimoni corrotti chiedono il mio arresto, e fa che essa non sia confusa con altre quando sarà davanti al tuo tribunale.
Non lasciare che anime ardenti di fare la Tua volontà mi lancino addosso il fuoco incandescente che scorre nel grande fiume dove si devono purificare tutte le anime prima di arrivare davanti a te e vederti nella Tua gloria.
O mio Signore, tu che giudichi in Verità e in Giustizia, chiedo, che la Tua misericordia scenda su me per portarmi conforto in questa prova. Tu che sei la fonte dalla quale discende ogni bene sulle creature e ad ognuno dai ciò che gli spetta. A te Signore la vita, a te la morte, a te la gloria in eterno. Amen”.
Giuseppe parla con Gesù.
Poi Giuseppe se ne ritornò a Nazareth, e si coricò gravemente ammalato nel suo letto in attesa che la morte lo cogliesse.
Tutti noi accorremmo per un ultimo saluto, ed egli appena mi vide disse, nel suo affannoso respiro: “Figlio, la paura della morte stava per rubarmi l’anima ma adesso che ha sentito la tua voce si è tranquillizzata.
Figlio, mio Signore, io non avevo mai compreso come era potuto avvenire il Tuo concepimento perché mai si era sentito dire che una donna avesse partorito vergine.
Ora tutto questo non è più un mistero. Gloria a te, mio Signore, e gloria a tua madre Maria che ti ha generato”.
Maria e Gesù.
Maria si avvicinò al lettuccio con gli occhi colmi di lacrime mentre già si vedevano i segni della morte su mio padre Giuseppe, e disse con il cuore pieno di dolore: “Tutti dobbiamo dunque morire? A nessuno e concesso di andare nella vita eterna, con il merito delle sue opere, senza passare per questo affanno?”.
A questa domanda risposi: “Su tutte le creature di questo mondo, su tutti gli uomini, e su tutte le donne, la morte è una necessità. Essa è la regina nella vita di tutti e arriverà a bussare anche alla tua porta. Anche per me ci sarà quel giorno. Nessuno la può evitare!”.
Morte di Giuseppe.
Poi, mio padre esalò il suo ultimo respiro. Quando i miei fratelli videro che il loro padre era trapassato piansero lungamente.
Anche gli abitanti di Nazareth accorsero per il lutto, e gente, veniva dalle città della Galilea. Era usanza dei Giudei fare lunghi lamenti, e li fecero dall’ora terza all’ora nona.
Poi si presentarono i sacerdoti e i capi della città a rendergli un ultimo omaggio prima della tumulazione, là dove erano sepolti i suoi padri.
Avevamo già preparato il suo corpo per la sepoltura secondo l’usanza e gli incaricati al funerale lo trovarono già pronto.
Discorso sulla morte di Gesù
Poi mentre gli operai scavano per aprire l’ingresso alla grotta io dissi queste parole: “O morte, che non hai riguardo di nessuno e per te si versano tante lacrime e si levano tanti lamenti! Questo tuo potere ti è dato dal Padre celeste, Signore e creatore di tutte le cose.
E il mio lamento non si leva contro di te, ma contro Adamo e la sua donna che ti hanno dato vita e resa necessaria. Infatti non è in tuo potere decidere di nulla senza che sia il Padre a comandarlo.
Vi sono dei giusti che hanno vissuto molto a lungo prima di morire, e altri ancora più a lungo. Ma durante la loro vita non hanno mai detto, a chicchessia, di aver visto in faccia la morte, o che abbia dato a qualcuno strazio.
Si presenta una sola volta: Quando il Padre la comanda! E solo quando scende da colui che deve prendere conosce il giudizio del Signore.
Se il giudizio è infausto essa genera un tormento impetuoso sull’anima che viene ad afferrare per portarla via con se.
Ma essa non ha nessun potere per decidere dove condurla, se alla perdizione o nel Regno di Dio. La morte esegue soltanto gli ordini che le da il Padre celeste.
E io stesso devo gustare la morte perché si compiano con me i disegni misericordiosi del Padre mio e Padre vostro. Nessuno ha il potere di abolire la morte e nessuno la può evitare”.
Dopo aver ascoltato tutto questo il nostro cuore si colmò di gioia. Tributammo al nostro Salvatore lodi e ringraziamenti, come nostro Signore. Gloria a Lui per l’eternità. Amen
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