La Nascita Di Maria

Protovangelo di Giacomo (il minore) – Vangelo dello Pseudo Matteo – Il libro sulla natività di Maria (Sintesi e Adattamento)

Gioacchino, padre di Maria.

Nei racconti delle dodici tribù d’Israele, si narrava di Gioacchino e Anna, sua moglie, entrambi della tribù di Giuda. Lui era un ricco allevatore, semplice e buono di animo. La loro storia inizia nei giorni prossimi alla festa della Dedicazione.

Gioacchino saliva a Gerusalemme, portando ricche offerte, per onorare la festa, come era solito fare tutti gli anni, assieme ad alcuni della sua tribù e a tanti figli d’Israele. Era un uomo di grande fede e molto generoso.

I doni al tempio di Gerusalemme li faceva in misura abbondante dicendo: “Quello che offro in più di quanto stabilito dalla tradizione, sia devoluto a tutto il popolo, e quello che do per la mia espiazione, secondo la misura che mi compete, sia per il Signore, al fine di renderlo attento alla mia vita”.

Ma Ruben, uno scriba del tempio, intransigente sulla tradizione, si piantò davanti a Gioacchino e guardando con disprezzo i suoi doni  gli disse queste parole: “Non è lecito che tu presenti le tue offerte e chieda i favori dell’Altissimo assieme a noi, perché non hai generato discendenza in Israele, come hanno fatto i nostri padri, e i padri dei nostri padri.

Non puoi pensare che essi siano accettati da Dio? Tu non hai figli, e hai la presunzione di stare fra noi fecondi, nonostante che Dio stesso non ti abbia ritenuto degno di generare!”.

Gioacchino aveva come moglie Anna, figlia di Isachar della stirpe di Davide, sposata secondo i riti nel giusto tempo, ma non ebbe da lei, in vent’anni di matrimonio, ne figli ne figlie.

Si rattristò profondamente per le parole pronunciate dallo scriba e con il cuore in tumulto pensò di cercare nei registri delle dodici tribù del popolo per accertarsi se le parole dette da Ruben corrispondessero al vero; “Voglio vedere se è scritto nei libri delle dodici tribù che solo io non ho generato prole in Israele”. Disse tra sé e sé.

Cercò nell’archivio e trovò, con immenso dispiacere, che tutti i giusti avevano avuto discendenti in Israele. Si ricordò del patriarca Abramo, al quale, solo nella sua vecchiaia, Dio aveva concesso un figlio: Isacco.

Con il cuore gonfio di dolore, e colmo di vergogna, non si presentò a sua moglie Anna, ma si ritirò fra i monti del deserto. Piantò la sua tenda in quell’immensa landa desolata e digiunò per quaranta giorni e quaranta notti mormorando fra sé: “Rimarrò qui senza mangiare e bere, finché il Signore, mio Dio, non mi avrà fatto la grazia di generare figli, e la preghiera sarà per me cibo, e bevanda saranno le mie lacrime”.

Anna, madre di Maria.

Anna, informata da alcuni messi sulla decisione presa da suo marito, si abbandonò ad uno straziante lamento: “Piangerò per tutti i quaranta giorni della mia vedovanza”. E diceva ancora, “Piangerò per tutta la vita della mia sterilità”.

In lei, in quel momento di grande afflizione, vi era il pensiero che non avrebbe mai potuto avere figli, e che non avrebbe più rivisto suo marito.

Giunse nel frattempo il gran giorno del Signore e tutto il popolo si preparava per la festa. Judit (Giuditta), la sua serva, le disse: “Fino a quando piangerai sulla tua condizione con l’animo abbattuto? Il gran giorno del Signore è venuto e non è giusto per te stare in angoscia, anche tu devi rendergli grazia con animo lieto.

Orsù, prendi questo nastro per i capelli, che mi ha regalato la padrona della bottega, per me non è conveniente indossarlo. Io sono solo una serva e questo nastro è degno di una regina”.

“Vattene via da me con queste tentazioni!”, le rispose Anna, “io non ho mai fatto cose di questo genere, e poi il Signore mi ha già umiliata abbastanza. E poi magari te l’ha data un tuo amante; e tu vuoi farmi partecipe della tua sconvenienza”.

“Quale maledizione più grande di questa posso io augurarti”, esclamò Giuditta risentita dalle parole dette a sproposito da Anna: “Se il Signore ti ha reso sterile in modo che tu non possa generare figli per Israele, è una grande condanna, ed io non ho colpa in questo!”.

Lamentazioni di Anna.

Anna, nel sentire le parole dette da Giuditta, si rese conto del suo errore e ne fu afflitta. Si fece forza, si spogliò delle vesti da lutto, si cosparse il capo con profumi, indossò abiti degni di una sposa, uscì di casa e si offrì agli occhi del mondo e a quelli del Signore.

Si sedette sotto ad una pianta di alloro, e con il cuore gonfio di tristezza  implorò il Signore con queste parole: “Oh Signore, Padre dei nostri padri, benedici la tua serva ed accogli la sua preghiera, come hai benedetto, con la tua immensa benevolenza Sara, che ha generato nella sua tarda età un figlio: Isacco!”.

Sentendo poi un cinguettio venire dall’alto alzò lo sguardo verso il cielo e vide sulla pianta un nido di passeri con alcuni piccoli. A quella vista iniziò un lamento fra sé e sé: “O Signore Dio onnipotente, che ad ogni creatura hai fatto il dono dei figli. Dalle bestie feroci ai giumenti, dai serpenti ai pesci, e infine agli uccelli.

Tutti questi gioiscono per la maternità che concede in dono i figlioli, dunque: Solo me escludi da questo dono benigno? Perché un così misero destino?

Povera me! Di chi sono figlia? Quale è il ventre che mi ha concepita? E’ per questo che io sono diventata una maledizione dinnanzi ai figli d’Israele. Essi mi hanno allontanata con ingiurie dalla Casa del Signore!

Povera me! A chi dunque assomiglio? Non sono simile agli uccelli del cielo, perché anche gli uccelli del cielo generano prole al tuo cospetto, o Signore.

Povera me! Non sono come gli animali della terra, perché tutti loro hanno figli e figlie davanti a te, o Signore.

Povera me! Nemmeno a queste acque sono simile, perché anche da queste acque si genera prole davanti a te, o Signore.

Povera me! Non assomiglio a questa terra, perché anche da questa terra dei nascono frutti in tutte le stagioni, o Signore”.

Un Angelo consola Anna.

Mentre Anna era tutta presa dalle sue lamentazioni, le apparve un Angelo del Signore che le disse queste parole: “Anna, Anna, non temere. Il Signore ha ascoltato la tua preghiera e ti ha benedetta. Anche tu avrai un figlio. Della tua prole si parlerà in tutte le nazioni del mondo con rispetto e ammirazione”.

Anna piena di soggezione e con il cuore gonfio di felicità rispose all’Angelo chinando il capo: “Io sono l’umile serva al cospetto del Signore e come è vero che vive il Signore mio Dio, mio figlio, che sia maschio o che sia femmina, lo offrirò al Signore mio Dio. E se lo desidererà, potrà mettersi al suo servizio per tutto il tempo della sua vita”.

Poco dopo due giovani giunsero alla casa di Anna in veste di messaggeri e le portavano notizie di suo marito Gioacchino: “Anna, presto, Gioacchino, tuo marito, sta tornando con le sue mandrie. Preparati ed accoglilo con gioia.

Un Angelo del Signore gli è apparso e gli ha detto che un grande evento si prepara per la sua casa con queste parole: “Gioacchino, il Signore Iddio ha ascoltato la supplica che gli hai rivolto e ha esaudito la tua preghiera di avere un figlio. Scendi da questo monte, i giorni delle invocazioni sono finiti poiché tua moglie Anna concepirà un figlio”.

Gioacchino ritorna a casa.

Gioacchino seguì prontamente il comando che gli aveva dato l’Angelo. Ritornò alla sua casa, chiamò i servi e i pastori, poi comandò loro: “Portatemi dieci agnelli senza difetti. Essi saranno dati in sacrificio per il Signore nostro Dio”.

Poi chiamò i custodi dei buoi e disse anche a loro: “Andate fra i miei buoi e scegliete dodici giovani vitelli e portatemeli. Saranno dati in dono ai Sacerdoti ed agli Anziani del Tempio”.

Chiamò anche i pastori delle capre e li esortò ad eseguire questo suo ordine: “Portate davanti a me cento capretti. Saranno immolati per il banchetto di ringraziamento al Signore Dio mio. Inviterò tutto il popolo perché voglio che la festa sia festa per tutti”.

Gioacchino ritornò alla sua casa seguito dalle greggi e dai pastori. Sua moglie Anna lo aspettava sulla soglia di casa vestita con gli abiti nuziali più belli che aveva. Il suo viso risplendeva di gioia.

Vedendo suo marito arrivare, gli corse incontro e lo abbracciò fortemente stringendolo a sé, mentre copiose lacrime di felicità bagnavano le sue guance. Poi disse queste parole: “Ora so che il Signore Iddio ha volto il Suo sguardo sulla nostra casa. Io ieri ero vedova, e oggi non lo sono più.

Io, che ero senza la speranza di avere figli, concepirò nel mio ventre. Benedetto sia il Signore, Dio d’Israele e di tutte le genti, che ha accolto la nostra preghiera e ha fatto scendere su da noi la Sua grande misericordia”.

Gioacchino al Tempio.

Da quel giorno Gioacchino riposò di nuovo nella sua casa. Scesa la sera invitò tutti i suoi amici e i vicini al grande banchetto che aveva organizzato per festeggiare la benevolenza del Signore.

Tutti mangiarono e bevvero in allegria intonando canti, poi dopo aver reso grazie al Signore ognuno degli invitati se ne ritornò alla propria casa.

Il giorno seguente, mentre presentava le sue offerte al tempio, Gioacchino diceva tra sé: “Se il Signore Iddio è il mio custode, mi manderà un segno di luce con la placca d’oro del sacerdote”.

In attesa di un segno, Gioacchino, fissava attentamente la lamina d’oro del sacerdote, e quando questi si avvicinò all’altare del Signore un riflesso di luce accecante lo abbagliò. Quello era ciò che aspettava. Non vide nessun peccato in lui e fu certo che il Signore Iddio, avrebbe mantenuto fede alla sua promessa.

Gioacchino pensò tra sé e sé: “Ora conosco la volontà del Signore e so anche che ha perdonato tutti i miei peccati”. Uscì dal Tempio con il cuore pieno di allegrezza e lodando le virtù del Signore fece ritorno a casa.

Nascita di Maria, figlia di Anna e Gioacchino.

Passarono i mesi della gravidanza di Anna, poi giunto il nono ella partorì. Era l’ora settima del ventunesimo giorno del mese di Elùl, l’otto settembre. Anna, terminato il travaglio, domandò alla levatrice: “Che figlio ho messo al mondo?”.

La donna prese la neonata fra le braccia e mostrandola alla madre le rispose: “Una bellissima femmina”. Anna, ricordando la promessa del Signore, esclamò: “Oggi la mia anima e stata glorificata! Anch’io ho generato prole in Israele e la mia vergogna dinnanzi al popolo è finita”.

Poi pose la bimba nella culla. Trascorsi i giorni, che la legge prescriveva, Anna si purificò, e diede a sua figlia il nome di Maria.

Quando la bimba ebbe sei mesi, la madre pose Maria a terra per vedere se riusciva già a camminare. La piccola fece alcuni passi e le tornò in grembo. Anna la riprese fra le sue braccia dicendo: “Oggi faccio una promessa al Signore mio Dio: Tu non poggerai più il tuo piede su questa terra, fino al giorno che ti condurremo al Tempio del Signore secondo la promessa fatta”.

Le arredò la sua camera da letto come se fosse un santuario e non permetteva alla bimba di toccare cose profane o impure. Concesse a delle fanciulle ebraiche, senza macchia, di trascorrere giorni e notti a giocare con lei.

Giunto il primo compleanno della bambina, Gioacchino organizzò un grandioso ricevimento al quale invitò Sacerdoti, Scribi, il consiglio degli Anziani e tanti fra il popolo d’Israele.

Presentò la bambina a tutti gli invitati. I sacerdoti la presero fra le loro braccia e la benedirono con questa formula: “Dio dei nostri padri, Dio di tutte le genti, poni la tua benedizione su questa bambina e fa che abbia un nome glorificato in eterno da tutte le generazioni”.

Le profezie dei sacerdoti.

Tutto il popolo presente recitò in coro: “Così sia! Così sia per l’eternità! Amen”. I Sommi Sacerdoti, a loro volta, terminarono la funzione della benedizione dicendo: “O Dio Santissimo, dall’alto dei cieli rivolgi il tuo sguardo benigno e misericordioso su questa bambina e benedicila con la suprema delle benedizioni, quella che non ne ha altre dopo di sé”.

Poi Anna portò Maria nella sua cameretta e mentre le dava la poppa levò un inno al Signore Iddio: “Innalzerò una lode al Signore mio Dio, Lui che più di ogni altro mi ha guardata con amore e ha allontanato da me il disonore con il quale i miei nemici mi avevano ricoperta”.

Si affacciò alla finestra della cameretta di Maria, e mentre allattava la piccola, rivolgendosi agli invitati alla festa, disse: “Udite, udite, popolo d’Israele, il Signore ha fatto nascere in me il frutto della sua giustizia, che è unico e complesso innanzi a Lui per i secoli dei secoli.

Chi andrà dai figli di Ruben a dire che Anna allatta? Udite, udite, voi dodici tribù d’Israele: Anna allatta!”.

Quindi Anna mise Maria a dormire nella camera trasformata in santuario e ritornò fra gli ospiti della festa e riprese a servirli. Quando Maria compì due anni, Gioacchino disse ad Anna: “Portiamo Maria al Tempio del Signore. Dobbiamo mantenere la promessa che abbiamo fatto alla sua nascita.

Lo dobbiamo fare prima che il Signore ci mandi un Angelo e ce la richieda. Non ci deve succedere che la nostra offerta non sia più ben accetta a Lui e noi si diventi ai suoi occhi indegni e perversi.”.

“Aspettiamo che arrivi ai tre anni d’età”, rispose Anna, “quando avrà meno bisogno del babbo e della mamma”. Rispose Gioacchino convinto: “Va bene, aspettiamo i tre anni”,  sapendo bene che anche Anna era fermamente decisa di mantenere la promessa.

Maria era oggetto di ammirazione e tutti erano pieni di meraviglia per la sua precocità. Pur essendo una bambina di appena tre anni di età, Maria camminava con passo spigliato e sicuro. Parlava perfettamente tanto da suscitare stupore in tutto il popolo. Giunsero infine i giorni nei quali Maria compì tre anni.

Maria al Tempio.

Gioacchino, venuto il tempo di mantenere la promessa, disse: “Chiamate delle figlie di Ebrei. Quelle tra di loro che sono pure prendano una fiaccola. Stiano composte nel camminare ed accompagnino Maria con la torcia accesa all’interno del Tempio affinché non succeda che la bambina si volti indietro spaventata ed esca dal Tempio del Signore”.

Le giovani che accompagnavano Maria giunsero con lei al Tempio del Signore, si spogliarono degli abiti da viaggio e sotto, secondo l’usanza, indossavano le loro vesti più belle e linde.

All’interno del Tempio il Sommo Sacerdote accolse Maria. Le lavò le mani come dettavano le usanze, la baciò e la benedisse dicendo queste parole: “Il Signore ha reso gloria al tuo nome per le generazioni future, e sarà in te, che alla fine dei tempi il Signore porrà la sua redenzione per  tutti i figli d’Israele”.

Poi la issò sul terzo gradino dell’altare. Il patto era che se Maria si fosse voltata verso i genitori sarebbe ritornata alla sua casa. Se invece fosse andata all’altare sarebbe rimasta nel Tempio con fanciulli e fanciulle per essere educata ed allevata in timor di Dio.

E il Signore Iddio fece scendere su di lei la sua grazia e questo è quello che videro i figli di Israele riuniti nel tempio: Ella danzava e rideva di felicità, e i suoi piedi sfioravano appena i gradini dell’altare. Tutta la casa d’Israele era affascinata da lei  e dalla sua grazia.

Gabriele incontra Maria al Tempio.

E questo invece è quello che vide Maria: La grazia del Signore, nelle vesti dall’Arcangelo Gabriele, scese nel Tempio per accoglierla.

Il maestoso Angelo pose un ginocchio a terra per meglio avvicinarsi al viso sorridente di felicità della piccola Maria e la salutò con queste parole: “Salute a te Maria, piena di grazia, luce agli occhi del Signore, un grande compito ti aspetta, va dunque incontro al tuo destino”.

Maria fissò il suo sguardo in quello di Gabriele e con il viso raggiante di felicità rispose queste parole che chi guardava confuse con risa di bimba: “Ti ringrazio Gabriele, inviato del Signore, che si compia dunque la Sua volontà. Tornerai ancora da me?”.

L’Arcangelo mise fra i capelli di Maria un piccolo fiore bianco come la sua veste immacolata e con il gambo color dell’azzurro dei cieli infiniti, poi le disse queste parole: “Al giusto tempo ritornerò. Questo è il pegno per la promessa che ti ho fatto”.

Poi, Gabriele, l’Arcangelo, svanì come era apparso. I genitori di Maria tornarono alla loro casa pieni di soddisfazione, ringraziando il Signore perché la bambina era andata incontro al suo destino.

Maria istruita nel Tempio.

Maria rimase nel Tempio, dove, si diceva, che fosse allevata come una colomba e che ricevesse il cibo dalla mano di un Angelo. Così iniziò il tempo della sua preparazione.

Lei conservava nel cuore il ricordo dell’incontro con l’Arcangelo Gabriele. In quello stesso anno un grande cordoglio si diffuse per tutta la nazione. Morì il Sommo Sacerdote Elèazar, e per il lutto, il popolo d’Israele, lo pianse per trenta giorni.

Terminati i giorni tristi vennero chiamati in assemblea tutti i Sacerdoti del Tempio, gli Scribi, gli Anziani, e di altri scelti fra il popolo perché tutti assieme dovevano eleggere un nuovo Sommo Sacerdote, secondo l’usanza.

La scelta di tutto il popolo riunito nel Tempio cadde su Zaccaria, figlio di Barachia. Su di lui, come segno di fratellanza, di benedizione e di obbedienza, tutti imposero le mani e così lui divenne ministro del Santuario con la speranza che la sua missione fosse illuminata dall’Altissimo.

Intanto gli anni passavano fra mille e mille avvenimenti. Maria cresceva in età, in bellezza e in purezza, finché giunse il tempo nel quale ella compì dodici anni. Era consuetudine delle famiglie di Israele, appartenenti alla tribù di Giuda e alla discendenza di Davide, di affidare l’educazione  delle loro figlie al Tempio affinché venissero istruite, custodite in santità e giustizia prima di giungere al matrimonio.

Maria deve andare in sposa.

Ma prima del tempo stabilito dalla tradizione, per Maria, successe un fatto inconsueto: Il sacerdote Abiathar offrì ai pontefici innumerevoli doni per poter dare la fanciulla in moglie a suo figlio.

Questa richiesta, del tutto inconsueta, suscitò un grande clamore fra gli Scribi e i Sacerdoti che, d’accordo con i Sommi Sacerdoti, decisero di chiedere a Maria il suo pensiero. Anche questo fatto rappresentava un precedente a cui la nazione di Israele non aveva mai fatto ricorso.

Tutto questo perché la fanciulla incuteva rispetto e ammirazione fra tutto il popolo e i Sacerdoti. Tutti avevano timore di incorrere nell’ira di Dio se avessero esercitato su di lei indebite pressioni o l’avessero sottoposta a vessazioni o coercizioni.

Maria ad ogni modo si opponeva alla richiesta di matrimonio avanzata dal sacerdote Abiathar, adducendo che questo non era il disegno del Signore. Ma l’opinione dei pontefici e di tutti i suoi parenti era molto diversa dalla sua e per questo le dicevano: “Dio si onora con i figli e si adora con i discendenti, come è sempre stato in Israele”.

Affermavano con insistenza quanto fosse conveniente per Maria questo matrimonio, data la posizione sociale della famiglia dello sposo. Maria allora disse a loro: “Se questo è il vostro pensiero voi non conoscete le vie del Signore. Dio si onora prima di tutto con la purezza del cuore; ed io non voglio disonorare il suo nome”.

Nelle parole di Maria nessuno rilevò eresia. Ciò che la fanciulla aveva detto convinse tutto il popolo e i sacerdoti riuniti nel Tempio che quella era anche la volontà di Dio, e così si mise fine al dibattito.

I sacerdoti decidono il futuro di Maria.

Quando Maria giunse all’età di quattordici anni si giunse ad un giorno decisivo per il suo avvenire. Nel Tempio del Signore i sacerdoti e i farisei si riunirono per definire questa questione una volta per tutte e tennero consiglio.

Infatti, esisteva già da tempo immemorabile la tradizione che una fanciulla, nel passaggio dall’adolescenza a donna, non potesse più dimorare nel Tempio del Signore e dissero: “Oggi siamo riuniti per prendere una decisione riguardo alla fanciulla Maria. Che faremo ora di lei? Non può più rimanere nel Tempio del Signore perché non abbia a contaminarlo!”.

In molti ricordavano il rifiuto di Maria alla richiesta di matrimonio avanzata per il figlio dal sacerdote Abiathar e non avendo soluzioni alternative dissero al Sommo Sacerdote: “Tu che sei prescelto per celebrare i riti all’altare del Signore, entra nel Santo dei Santi, e prega per lei.

Chiedi al Signore di indicarti i suoi disegni riguardo alla fanciulla e ciò che Lui ti indicherà, riguardo al suo futuro, noi lo faremo. Amen”.

Alle parole del Consiglio dei Sacerdoti, degli Anziani e degli Scribi, il Sommo Sacerdote, Zaccaria, indossato il mantello dei dodici sonagli, e gli altri paramenti, per officiare quel solenne rito, entrò nel Santo dei Santi, e pregò per Maria invocando la grazia di un segno del Signore.

E il Signore mandò un suo segno. Apparve a Zaccaria un Angelo e questi gli disse quale era la Sua volontà: “Zaccaria, Zaccaria. Chiama a raccolta tutti i vedovi e i non sposati del popolo.

Manda dei messi e dei banditori per tutte le terre delle tribù di Israele, affinché tutti, fra due giorni, si radunino all’interno del Tempio del Signore.

Ordina che portino il proprio bastone. Il Signore farà scendere su uno di loro la sua grazia con un segno miracoloso, e di costui Maria diventerà la sposa. Esegui Zaccaria, questa è la volontà del Signore”.

Zaccaria annuncia al popolo il destino di Maria.

Uscì Zaccaria dal Santo dei Santi e annunciò a tutto il popolo la volontà del Signore. Vennero inviati i banditori per tutta la regione della Giudea. Essi chiamarono a raccolta tutti i non sposati. La tromba del Signore risuonò nei villaggi, nelle città dei figli d’Israele, e tutti accorrevano.

E quando il popolo si fu radunato nella spianata davanti al Tempio, il sacerdote Abiathar si alzò dal suo scranno, salì i gradini più alti per poter essere meglio ascoltato dalla folla riunita.

Nella grande piazza si fece un gran silenzio in attesa delle parole del sacerdote: “Figli di Israele, prestate attenzione alle parole che sto per pronunciare. Questo Tempio fu fatto edificare da Salomone.

Da allora, secondo la tradizione, per più di cinquanta generazioni, sono state ospitate in esso, per essere istruite, le figlie di re, di profeti, di sommi sacerdoti, e tutte sono cresciute meritevoli di ammirazione per sapienza e santità.

Poi, giunte alla giusta età, secondo la legge, esse hanno preso marito, così come fecero quelle che le avevano precedute. Nelle loro scelte e nella loro vita sono piaciute a Dio.

Oggi siamo riuniti perché anche per Maria, che si è consacrata al Signore, è giunto il tempo di compiacere il Signore. Chiederemo a Lui, secondo il rituale che abbiamo ereditato dai padri dei nostri padri, un segno per eseguire la sua volontà.

E’ conosciuto da tutti voi ciò che disse Isaia nel suo libro: “Dalla radice di Iesse nascerà una verga dalla quale spunterà  un ramo. Lo spirito del Signore, in veste di colomba si poserà su quella verga: Spirito di intelligenza e di sapienza, di saggezza e di forza. Spirito di scienza e di misericordia, che inonderà i cuori dei suoi figli del timor di Dio”.

Con questa profezia da lui annunciata, ordinò che tutti i discendenti della famiglia di Davide non sposati, quando il Signore li chiamava, portassero i loro bastoni all’altare del Tempio, per poi sottomettersi alla Sua volontà che si sarebbe manifestata con un segno: “Quindi, anche oggi, riguardo a Maria, nel rispetto delle leggi del Signore e delle tradizioni, dalla Sua risposta potremo sapere a chi essa debba essere affidata e andare in sposa”.

Giuseppe chiamato dai sacerdoti.

Anche Giuseppe il falegname, vedovo e con figli, rispose alla chiamata del Signore. Depose gli attrezzi con i quali stava lavorando, uscì dal suo laboratorio per unirsi agli altri chiamati dal Tempio.

Tutti assieme si recarono al cospetto del Sommo Sacerdote, portando, ognuno, il proprio bastone. La tradizione voleva che doveva essere sorteggiata la tribù dalla quale doveva uscire il prescelto.

Fu tirato a sorte dai Sacerdoti. Fra le dodici tribù di Israele la scelta cadde su quella di Giuda. Allora il Sacerdote disse agli uomini della tribù: “Domani, tutti quelli della tribù di Giuda che sono vedovi, o senza moglie, vengano al Tempio portando ognuno il proprio bastone, affinché si faccia la volontà del Signore”.

L’indomani, quando gli uomini prescelti furono riuniti nel Tempio, il sacerdote, prese i loro bastoni ed entrò nel Santuario. Quando ebbe terminato la preghiera, raccolse di nuovo i bastoni, uscì fuori e li restituì ai legittimi proprietari: Ma non apparve su di essi alcun segno.

Rimase un ultimo bastone: quello di Giuseppe. Mentre il Sacerdote glielo consegnava una colomba bianca andò a posarsi sul braccio di Giuseppe fra lo stupore dei presenti e di quello del Sommo Sacerdote.

Maria moglie di Giuseppe.

Il Sacerdote, sorpreso da quel segno improvviso, che non si aspettava, ma tuttavia felice che il Signore avesse manifestato la sua volontà, disse a Giuseppe: “Tu sei stato prescelto dal Signore, Dio nostro, per ricevere la vergine Maria in tua custodia. Accoglila presso di te come futura sposa, poiché essa ti è stata destinata dalla volontà di Dio.

Nel giorno prescritto verrà unita a te in matrimonio, così come ciascuna delle altre vergini, prima di lei, furono date in sposa a dei celibi!”.

Giuseppe, incredulo di tanta sorte, si schernì, dicendo: “Uomini di Israele, io ho già figli e figlie, e sono prossimo alla vecchiaia, mentre essa è ancora una fanciulla! Non chiedetemi di diventare oggetto di derisione davanti ai figli di Israele e non fate che a lei capiti un così triste destino!”.

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